Bara, fiori e radici

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Chattavo con S.
Gli ho scritto qualcosa tipo: “sono arrabbiata con me stessa per aver accettato cose un tempo che oggi stanno risalendo come merda nel cesso dopo uno spurgo”.
Mi risponde: sei ispirata.
Al che ho realizzato che mi manca la mia lessicalità ed è un sacco che non la uso.
Stando a casa tutto il giorno da sola non ho stimoli, non ho nessuno di cui parlare male (ahaha), nessuno da criticare (ahaha), scrivo ad amici e cerco come un tossico sotto rota di eroina qualche racconto croccante, qualche nuovo avvenimento.
Ma non sono mai appaganti. Poca roba, niente di soddisfacente: siamo tutti sotto quarantena e non è che le nostre vite abbiano chissà quali exploit, quali gesta, quali mirabolanti avventure.
Potrei aggrapparmi al ricordo di qualche ex e lasciarmi andare come lassativo a uno stitico ma sarebbe qualcosa di ridondante, almeno per me.
Certo, soprattutto due di loro riuscirebbero a riattizzarmi la fraseologia colorata di vomito e diarrea ma non meritano nemmeno il ricordo.
Come ho scritto a Etienne (riferita a uno di loro ma adattabile a entrambi):
NEMMENO LA BARA FARÀ  DI LUI UN ESSERE UMANO.
Mi risponde: Cristo, che roba potente.
Gli dico: prima o poi andremo tutti a vedere i fiori dalle radici eh animali, tutti. Ciò che ci differenzia dagli animali è che noi avremo il cappottino di legno. Ecco, manco quello lo identificherà come essere umano.

E siccome oggi è Dantedì:

“Oh creature sciocche, quanta ignoranza è quella che v’offende”.

 

Fortuna ci son loro.

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